Cómo funciona el Gobierno

abril 30, 2014


Bajar la contribución patronal atenúa la baja del empleo

abril 28, 2014

Bajar la contribución patronal atenúa la baja del empleo.
Por Juan Carlos de Pablo.

La preocupación por el nivel de empleo, así como la pretensión de reducir la informalidad laboral, llevó al Poder Ejecutivo a propiciar la aprobación de una ley para disminuir la contribución patronal, que se abona como proporción de los salarios pagados en el sector formal de la economía. ¿Cuáles pueden ser los efectos, en las actuales circunstancias políticas y económicas?

Al respecto entrevisté al italiano Ezio Tarantelli (1941-1985), profesor de economía laboral en la Universidad Católica de Milán, en la de Roma y en la de Florencia. Fue asesinado por las Brigadas Rojas (el hecho inspiró una película). «Por una nota que dejaron junto a su cuerpo, vinculando el asesinato con el MIT, siempre me pregunté si también no me buscaban a mí», afirmó Franco Modigliani. También murieron asesinados Wabel Abdallah, Richard Cantillon, Ernest Lluchi Martin, Enrique Low Murtra, Rosa Luxemburgo, Alexandros Petersen, Walter Rathenau, Pellegrino Luigi Edoardo Rossi, Korekiyo Takahashi y Stefan Valavanis Vail.

-Economía laboral es un campo de estudio donde coexisten múltiples enfoques, en buena medida complementarios.

-En efecto. En su versión moderna nació dentro de la perspectiva institucionalista, desde mediados del siglo XX fue replanteada en base al enfoque neoclásico, en las últimas décadas el empleo y el desempleo, las remuneraciones y las condiciones laborales, también fueron explicados teniendo en cuenta las fricciones, el costo de reentrenar al personal, la segmentación del mercado laboral, la globalización, etc.

-El proyecto de ley reduce lo que los empleadores tienen que pagar sobre los salarios que abonan, reducción que tanto en duración como en intensidad depende de manera inversa del tamaño de las empresas. ¿Qué porción de la economía laboral inspira la iniciativa?

-El enfoque neoclásico, según el cual en el sector privado la demanda de servicios laborales depende de la demanda de bienes, y del costo relativo de producirlos con más o menos máquinas y mano de obra; y según el cual el salario nominal depende del precio al cual se vende el bien al cual se incorporan los servicios laborales, y de la productividad física del trabajo.

-De acuerdo a este enfoque, ¿qué cabe esperar?

Si en 2014 la economía argentina se encuentra en etapa recesiva, cabe esperar que la demanda de trabajo disminuya. Lo cual implica que se eliminan las horas extras, no se renuevan los contratos de trabajo temporario, hay suspensiones y finalmente despidos (despedir es lo último que hace un empleador, por razones humanas, pero también porque pierde lo que gastó en la capacitación específica de sus asalariados).

-¿Para qué la ley, entonces?

-Para intentar que la menor demanda laboral derivada de la recesión, pueda ser compensada por la reducción del costo laboral, afectando el financiamiento de la seguridad social, pero no el salario de bolsillo. Para los empresarios, capital y trabajo son complementarios: «Sólo necesito más operarios si tengo más máquinas». El enfoque neoclásico dice que en el largo plazo el grado de mecanización de una planta depende de cuánto cuestan los servicios del capital y del trabajo.

-La reducción de la contribución patronal también busca blanquear parte de la informalidad laboral.

-Al respecto, en la Argentina 2014 vuelve a plantearse la cuestión que Guillermo Antonio Roberto Calvo llamó reformas increíbles. Según este principio, la misma medida de política económica puede generar resultados diferentes, según la población le crea o no al gobierno. Reducir las contribuciones patronales se parece al blanqueo de capitales lanzado en 2013, que, a pesar de sucesivas prórrogas, dio resultados ínfimos, por un problema de falta de credibilidad. ¿Seguro que no habrá represalias para quienes incorporen parte de sus asalariados al sector formal de la economía?

-Pero entonces, ¿el esfuerzo es inútil?

-Con probar no se pierde nada, sólo que en las actuales condiciones no hay que generar grandes expectativas. Ojalá nos sorprendamos gratamente

-Don Ezio, muchas gracias..

Fuente: La Nación, 27/04/14.

Ezio Tarantelli

Ezio Tarantelli (Roma, 11 agosto 1941 – Roma, 27 marzo 1985) è stato un economista italiano, ucciso dalle Brigate Rosse in seguito ad un attentato.

Carriera

Laureatosi nel 1965 presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università degli Studi di Roma, dove suo correlatore fu Federico Caffè. Frequentò, successivamente, corsi avanzati di economia e di metodi quantitativi presso l’Università di Cambridge, nel Regno Unito, e presso il MIT, Massachusetts Institute of Technology. Al MIT studiò con alcuni dei più importanti economisti, tra i quali Robert Solow e Franco Modigliani. Con quest’ultimo, in particolare, avviò una fruttuosa collaborazione scientitica che li portò a scrivere insieme diversi saggi ed articoli. Negli Stati Uniti, conobbe la sua compagna di vita e futura moglie, Carole Beebe Tarantelli.

Nel 1966 entrò come funzionario al servizio studi della Banca d’Italia, fino ad assumerne la direzione dal 1970 al 1973.

Dopo aver insegnato economia del lavoro presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica di Milano, divenne assistente ordinario di Politica Economica e Finanziaria presso la facoltà di Economia e Commercio di Roma e, nel 1976, professore ordinario di Politica Economica della Facoltà di Scienze Politiche «Cesare Alfieri» di Firenze e, successivamente, professore ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università «La Sapienza» di Roma. Fu anche docente di econometria alla Facoltà di Economia e Commercio dell’Università LUISS di Roma.

Tenne corsi di relazioni industriali al MIT, al Dipartimento di Economia dell’Università della California e all’Istituto universitario europeo di Firenze. Nel 1981 fondò l’Istituto di studi ed economia del lavoro, associato alla CISL, diventandone Presidente e fu uno stretto collaboratore dell’allora Segretario Generale della CISL, Pierre Carniti.

L’attentato

Il 27 marzo 1985, al termine di una lezione alla facoltà di Economia e Commercio dell’Università La Sapienza di Roma, due brigatisti agiscono con una mitraglietta contro il professore, nel parcheggio dell’ateneo.[2] L’assassinio fu rivendicato dalla formazione delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente con un documento di settanta pagine lasciato sulla sua auto, nel quale Tarantelli venne attaccato per il suo ruolo di consulente CISL nell’accordo tra governo e sindacati sul taglio degli scatti di scala mobile — il sistema di indicizzazione della crescita dei salari attuato in Italia nei primi anni ottanta. Tale taglio dei punti di contingenza si proponeva come deterrente dell’inflazione, e prese forma nel cosiddetto decreto di San Valentino, firmato dall’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi il 14 febbraio del 1984. Secondo l’analisi di Tarantelli, i salari non avrebbero dovuto inseguire la crescita dei prezzi al consumo ma piuttosto determinarsi a priori, in un confronto tra parti sociali e governo che tenesse conto delle condizioni reali del mercato, fornendo un segnale chiaro sulla loro crescita in un determinato periodo di tempo e finendo per contribuire in modo determinante a ridurre l’attesa di inflazione. Per tanto le Brigate Rosse avevano iniziato già da un anno un’inchiesta interna sulle attività ed i movimenti di Tarantelli.

I processi accertarono che ad uccidere il professore furono Antonino Fosso (assolto in primo grado e condannato poi all’ergastolo)[3] ed un’altra persona tuttora senza nome; Barbara Balzerani, come capo della colonna romana della BR che diede vita alle operazioni, fu condannata a due anni di carcere per «apologia di reato».[4] La mitraglietta Skorpion che venne usata per l’omicidio fu poi rinvenuta, nel 1988, in un covo delle Brigate Rosse, in via Dogali a Milano. Gli esami balistici svelarono che con quella stessa arma si agì anche contro l’ex sindaco di Firenze Lando Conti, nel 1986, e contro il senatore democristiano Roberto Ruffilli, nel 1988; inoltre, contro i due giovani militanti missini Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, assassinati il 7 gennaio 1978 nella cosiddetta Strage di Acca Larentia.[5]

La memoria

A Tarantelli è oggi intitolata l’aula magna della Facoltà di Economia dell’Università La Sapienza, una casa dello studente a Roma e la biblioteca della Facoltà di Economia dell’Università della Calabria. Egli è inoltre ricordato da un monumento a forma circolare posto nel luogo dell’assassinio, nel cortile della Facoltà.

Il figlio Luca, appena tredicenne quando il padre fu assassinato, si è assiduamente dedicato a ricostruire la figura sia privata che pubblica del padre. Ha dedicato al padre un documentario e un volume, sviluppando una originale tecnica storiografica di ricostruzione della memoria e che ha trovato esponenti in altri figli di vittime del terrorismo come Mario Calabresi e Benedetta Tobagi.[6]

Note

1. Professore ordinario di Politica Economica alla Facoltà di Economia della Sapienza Università di Roma, testimonianza riportata su Dalla parte dei lavoratori a cura di Ester Crea.

2. Quella mattina del 27 marzo 1985 una mitraglietta…, 4 aprile 2003 su Il Corriere della Sera

3. Tarantelli ergastolo a Fosso, 12 giugno 1993 su La Repubblica

4. Il mio papà Ezio Tarantelli, 26 marzo 2010 su La Stampa

5. Quella Skorpion di Jimmy Fontana, 8 gennaio 2008 su Il Corriere della Sera

6. Luca Tarantelli, Il sogno che uccise mio padre. Storia di Ezio Tarantelli che voleva lavoro per tutti, Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi, Rizzoli, Milano, 2013.

Bibliografia

Opere di Ezio Tarantelli

E. Tarantelli, Salario e crisi economica, Savelli, Roma, 1976.

E. Tarantelli, Il ruolo economico del sindacato. Il caso italiano, Laterza, Roma-Bari, 1978.

E. Tarantelli, Economia politica del lavoro, Utet, Torino, 1986.

E. Tarantelli, L’utopia dei deboli è la paura dei forti: saggi, relazioni e altri scritti accademici, FrancoAngeli, Milano, 1988.

E. Tarantelli, La forza delle idee. Scritti di economia e politica, Laterza, Roma-Bari, 1995.

E. Tarantelli, Lo scudo dei disoccupati. Una proposta per il lavoro in Europa, Edizioni Lavoro, Roma, 2010.

Opere su Ezio Tarantelli

Acocella, N. e Ciccarone, G., «Il sindacato da Tarantelli ai modelli microfondati: rappresentanza o ruolo istituzionale?», in: Frey, L. (a cura di), Disoccupazione e strategie per l’occupazione in Europa, ‘Quaderni di economia del lavoro’, n. 52, Franco Angeli, Milano, 1995.

Acocella, N. e Leoni, R. (a cura di), Social pacts, employment and growth: A reappraisal of Ezio Tarantelli’s thought, Physica-Verlag, 2007.

Tarantelli, L. Il sogno che uccise mio padre. Storia di Ezio Tarantelli che voleva lavoro per tutti, Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi, Rizzoli, Milano, 2013.

Fuente: Wikipedia, 2014.

Ezio Tarantelli

Ezio Tarantelli

Que el dinero no divida a la familia

abril 28, 2014

Que el dinero no divida a la familia.
Por Leonardo J. Glikin.

¿Tiene tanto poder el dinero, como para ser el agente de división de una familia? ¿Qué debemos hacer para evitarlo, y que el dinero nos juegue a favor? Hay maravillosos ejemplos de los cuales aprender…

“En esta familia, de plata no se habla, porque cada vez que el dinero estuvo en el medio, hubo peleas y separación”. Este es el sentir de muchas familias que, en una generación o en otra, han sufrido divisiones y sufrimientos por diferencias económicas.

La creencia asociada es que, si aparece una diferencia de intereses entre los miembros de la familia, no será posible sobreponerse a ella, sino que, por ser tan dominante el poder de lo económico, los vínculos familiares quedarán irremediablemente afectados.

La conclusión de ese concepto es que, en la práctica, es necesario evitar cualquier intercambio de dinero entre integrantes de la familia (sea por operaciones de compraventa, préstamos, o incluso, el abordaje de negocios en común).

Para sostener esa creencia, las familias que participan de ella deben, necesariamente, esquivar los casos (que ellos mismos conocen) de empresas de familia, o de patrimonios familiares que se desarrollan exitosamente a lo largo de las generaciones.

Al mismo tiempo, quienes piensan de esta manera tienen muchas oportunidades para ratificar su punto de vista, ya que cada uno conoce historias de familias divididas por una herencia, o por un mal negocio.

Casos que todos conocemos

¿Es, realmente, el dinero, el que divide a la familia, o podemos pensar que los intereses económicos son el campo de batalla en el que los miembros de la familia expresan sus diferencias, que existían desde antes, y por otros motivos que nada tienen que ver con el dinero?

Identificamos tres grandes fuentes de conflicto donde el dinero está presente:

– La pelea patrimonial (en especial, las herencias)

– Las sociedades fallidas

– Los malos negocios encarados con familiares

PRIMER CASO: LA PELEA PATRIMONIAL

Si analizamos el desarrollo de los litigios familiares de larga duración, es posible identificar, antes del enfrentamiento económico, y quizás en un tiempo remoto, un resquebrajamiento de la relación personal, que lleva a que, en una etapa posterior, cada parte defienda sus intereses de manera implacable.

Naturalmente, cuando ya el vínculo está afectado, y lo único que queda es la defensa de los propios intereses, la manera de actuar de cada uno no es propia del ámbito y el afecto familiar. Por el contrario, sale a relucir la codicia, y muchas veces el ánimo de pelea, de cada uno de los involucrados.

Una actitud dura de parte de uno de los litigantes suele llevar a que la otra parte adopte una reacción en espejo lo que ahonda las diferencias, hasta tornarlas inmanejables.

Podríamos sostener, sin riesgo a equivocarnos, que en estos penosos casos los miembros de la familia ya estaban diididos entre sí, y la cuestión económica ha sido el campo de batalla para expresar esta división.

SEGUNDO CASO: LAS SOCIEDADES FALLIDAS

Diferente es la situación de miembros de la familia que se separan de mala manera luego de haber intentado un negocio juntos.

Es probable que, en esos casos hayan antepuesto en el momento de origen su entusiasmo, optimismo y necesidad de acompañamiento, frente a las características reales del socio.

Los socios suelen separarse por la manifestación de rasgos que ya estaban presentes en las conductas de cada uno en la etapa anterior, y no por actitudes sobrevinientes y totalmente imprevisibles.

Ocurre que las mismas características que en una etapa se pueden ver como totalmente tolerables, y hasta valiosas, en otra etapa de la sociedad se tornan insoportables, y llevan a la ruptura de mala manera.

TERCER CASO: LOS MALOS NEGOCIOS

La otra fuente de fuerte enfrentamiento son los negocios ruinosos.

Un integrante de la familia invita a otro u otros a participar en un “negocio infalible”…que luego falla.

A partir de ese momento, todo son reproches, y, quizás, el pedido de que el que llevó el mal negocio a la familia se haga cargo de las pérdidas.

Posiblemente, se trate de negocios que los perjudicados jamás habrían intentado con terceros, y en los que la confianza familiar ocupó un importante espacio en la toma de decisión de participar.

En estos casos, en definitiva, no se trataría de que “el dinero divide a la famiilia”, sino que algún miembro de la familia habría abusado y malversado la confianza de los otros.

¿Se pueden evitar los conflictos por dinero en la familia?

El ejemplo de tantas empresas de familia exitosas nos da una pauta de que los conflictos por dinero en la familia se pueden evitar, y que se puede tomar a la familia como una fortaleza con la que se cuenta, justamente, para hacer dinero o consolidar un patrimonio..

Para ello, es necesario revisar si, entre todos los miembros de la familia, existe una fuerte conciencia de lo que significa la unidad familiar, como un valor compartido. Esto significa aceptar que la unidad familiar no es una realidad natural, que forma parte del aire sin ningún esfuerzo de nuestra parte, sino que es necesario construirla día a día, a través de diferentes acciones:

– Interesarse por lo que importa a los otros miembros de la familia

– Respetar las elecciones de amistad, de pareja, o de forma de vida de cada uno

– Estar disponible para colaborar frente a las necesidades del otro

– Participar en las celebraciones familiares

Si los miembros de la familia comparten la conciencia respecto de lo que significa la unidad familiar, y ésta no es una declamación, sino un valor con una significación práctica y tangible, hay mayores posibilidades de detectar a tiempo las posibles fuentes de conflicto, y trabajar entre todos para poder superarlas, y que el dinero no divida a la familia.

Fuente: Temas de Planificación, Abril 2014. http://www.temas-caps.com.ar/news129-art1.html

Sobre el autor: Leonardo J. Glikin. Abogado, consultor en Planificación Patrimonial y Sucesoria, presidente de CAPS Asociación Civil, autor de «Pensar la Herencia»; «Matrimonio y Patrimonio»; y «Exiting, el arte de dejar la empresa sin dejar la vida». Director del newsletter «Temas de Planificación”. Director de CAPS Consultores.

Dr. Leonardo J. Glikin

Dr. Leonardo J. Glikin

Consejos de divorciados para mejorar su matrimonio

abril 28, 2014

Consejos de divorciados para mejorar su matrimonio

Por Elizabeth Bernstein

¿Quiere muy buenos consejos matrimoniales? Pregúntele a un divorciado.

La gente que pierde la relación más importante de su vida suele pasar cierto tiempo pensando en qué salió mal. Si son algo reflexivos sobre sí mismos, esto significa que reconocerán sus propios errores, no sólo los de sus ex parejas. Y si quieren tener suerte en el amor la próxima vez, intentarán aprender de esos errores.

Las investigaciones muestran que las personas divorciadas identifican los mismos cinco reproches principales, comportamientos que creen contribuyeron al colapso de su matrimonio y que están decididos a cambiar la próxima vez. «Los divorciados que dan un paso atrás y dicen ‘Esto es lo que hice mal y esto es lo que cambiaré’ tienen algo poderoso para enseñarles a los demás», afirma Terri Orbuch, una psicóloga y profesora del Instituto de Investigación Social de la Universidad de Michigan y autora de un libro sobre el tema. «Son consejos sobre el matrimonio aprendidos a las malas».

Orbuch está llevando a cabo un estudio longitudinal, financiado por los Institutos Nacionales de Salud de EE.UU., para el que recolecta datos de forma periódica entre 373 parejas de la misma raza entre 25 y 37 años y en su primer año de matrimonio en 1986, el año que comenzó el estudio. Durante los 25 años que lleva el estudio, 46% de las parejas se divorciaron, una tasa que se ajusta al censo de EE.UU. y otros datos nacionales. Orbuch continuó con el seguimiento de muchos de los divorciados a medida que formaban nuevas relaciones y le preguntó a 210 de ellos qué habían aprendido de sus errores. (De estos 210, 71% encontró nuevas parejas, incluyendo 44% que volvió a casarse). Estos son los consejos que aprendieron con esfuerzo.

Mejore el ánimo de su pareja

Entre los divorciados, 15% afirmó que le darían a su esposo o esposa más de lo que Orbuch llama «afirmación afectiva», como cumplidos, abrazos y besos, tomarse de la mano, decir «te amo», y apoyo emocional. «Al expresar amor y cariño, se construye confianza», dice Orbuch.

La experta sostiene que hay cuatro componentes en las muestras de afecto que los divorciados dijeron que eran importantes: cuán a menudo la pareja mostró amor; cuán a menudo la pareja los hizo sentir bien por la clase de persona que son; cuán a menudo la pareja los hizo sentir bien por tener sus propias ideas y formas de hacer las cosas, y cuán a menudo la pareja hizo que la vida fuera interesante y excitante.

Hable más de dinero

El dinero fue el principal punto de conflicto en la mayoría de los matrimonios, buenos o malos, que estudió Orbuch. Y 49% de los divorciados de su estudio afirmaron que peleaban tanto por cuestiones relacionadas con el dinero que anticipan que el dinero también será un problema en su próxima relación.

No hay una sola solución financiera para todas las parejas. Orbuch afirma que cada persona necesita analizar su perspectiva ante el dinero. Las parejas deben discutir sus estilos individuales y pensar un plan con el que ambos puedan vivir, ya sea con finanzas en conjunto o manteniendo cuentas separadas.

«Hable de dinero más seguido, no solo cuando sea hora de pagar los impuestos, cuando tenga deudas altas o cuando toque pagar las cuentas», dice Orbuch. Fije reglas y expectativas y adhiérase a ellas.

Supere el pasado

Para relacionarse de forma saludable con su pareja, debe dejar atrás el pasado, señala Orbuch.

Esto incluye superar los celos de las relaciones pasadas de su pareja, la irritación por la forma en la que lo trata su suegra, algo de su niñez que le hace difícil tener confianza, una pelea que tuvo con su esposo o esposa hace seis meses.

Es un buen consejo, no sólo para aquellos con el corazón roto, agrega.

En el estudio de Orbuch, los divorciados que conservaban emociones fuertes por sus ex —ya fuera amor u odio— eran menos saludables que quienes habían dado vuelta la página en lo emocional.

Si tiene problemas para desprenderse de la rabia o la tristeza por el pasado considere escribir un diario. Ejercítese, hable con un amigo (pero no hasta aburrirlo).

O trate de escribirle a la persona que lo molesta para explicarle sus sentimientos.

Culpe a la relación

Los divorciados en el estudio que culpaban a ex parejas o incluso a sí mismos tenían más ansiedad, depresión y problemas para dormir que quienes culpaban a la forma en que ellos y sus parejas interactuaban. Los que se aferraban al enojo tenían menos probabilidades de dar vuelta la página, construir una sólida relación nueva y enfrentar problemas futuros de forma positiva y proactiva.

Es difícil no asignar culpas. En el estudio, un 65% de los divorciados culparon a su ex pareja, con más mujeres culpando a su ex marido (80%) que hombres culpando a su ex esposa (47%). 16% de los hombres se culparon a sí mismos, frente a apenas 4% de las mujeres.

¿Cómo puede culparse de una forma saludable? Diga «nosotros», no «tu» o «yo». Diga «hemos estado tan cansados últimamente» en vez de «eres tan malhumorada». Cuando retira la culpa, es más fácil hallar una solución.

Pregúntele a su pareja cuál es su visión de un problema. Diga: «¿Por qué piensas que no nos estamos llevando bien?».

Revele más sobre usted mismo

El estilo de comunicación es la cuestión número 1 que los divorciados del estudio dijeron que cambiarían en su próxima relación (41% afirmaron que comunicarían de forma diferente).

Los esposos necesitan hablar con voz calma y cariñosa. Deberían aprender a discutir de una forma que produzca una solución, no sólo más enojo.

Para comunicarse bien, los esposos deben revelar más sobre sí mismos, no sólo hacer «comunicación de mantenimiento».

«No tiene que ser emocional», afirma Orbuch. «Pero debería ser sobre temas donde uno aprenda qué le gusta al otro». Esos temas ayudan a su pareja a entenderlo mejor.

Orbuch sugiere una regla de los 10 minutos: Todos los días, por 10 minutos, la pareja debe hablar a solas de algo diferente al trabajo, la familia y los niños, la casa o la relación. Nada de problemas, sin programarlo y sin ponerle logística.
Fuente: The Wall Street Journal, 07/08/12.

El auge de la economía española

abril 27, 2014

La economía española, en un gran repunte.
Por Jorge Castro.

Las exportaciones industriales españolas crecieron 2,8% anual en febrero, tras haberse expandido 1,7% el mes previo, la mayor tasa de crecimiento desde noviembre de 2010. El resultado es que en el primer trimestre del año las exportaciones manufactureras aumentaron 4,7%, lo que implica la continuidad de los niveles de 2013, en que se expandieron 5,2% con respecto al año anterior, y ascendieron a 234.240 millones de euros (US$ 324.329 millones), cifra que convirtió a España en el país de más rápido crecimiento de las ventas externas industriales de la Zona Euro, por encima de Alemania (+2,1%). Por eso el déficit comercial se redujo 48,1% y España logró el primer superávit de cuenta corriente de su historia desde que se llevan registros (1971).

Las exportaciones industriales fuera de Europa representan 37,4% del total, encabezadas por las que se dirigen a Asia y Brasil, que crecieron 10,3% y 28,8%, respectivamente. El año pasado, España fue también el tercer país del mundo en relación al aumento de las exportaciones manufactureras, después de Gran Bretaña (+15,4%) y China (+8%). Las exportaciones industriales que crecen más rápidamente son las de bienes de capital (+18,7%, que representan 21,2% del total) y las de la industria automotriz (+ 9,8%, 14,3% del total).

Las empresas transnacionales (ETN´s) son el factor decisivo del éxito exportador español.

El sector automotor, completamente transnacional desde 1986, es el 8° productor mundial, y el más competitivo de la Zona Euro, por encima del alemán. El stock de inversión extranjera directa (IED) en España asciende a US$ 634.539 millones, que equivale a 42,7% del PBI y es responsable de 40% de las exportaciones. La IED aumentó 3,5% por año entre 2011 y 2013, mientras que experimentaba en el mundo avanzado una caída de 32%. Hay que agregar que no existe brecha estructural (productividad/tecnología) entre las terminales y las proveedoras de partes y componentes (en su mayor parte españolas), que constituyen una red altamente competitiva e internacionalizada, profundamente integrada con las plantas productoras.

La principal IED en España es alemana, con 1.440 filiales de la República Federal (RFA), seguida por la francesa y norteamericana. De ahí que el stock de IED en relación al producto sea el primero del mundo avanzado, sólo por detrás de Gran Bretaña.

España es la mayor plataforma de las ETN´s en la Zona Euro, y la segunda de Europa, después de la británica; y la productividad de todos los factores (PTF) del sector transnacional es 55% superior al de las firmas domésticas y el doble la productividad del trabajo.

La potencia exportadora española responde a un segundo impulso: sus 1.805 compañías transnacionales.

De ellas, 25 integran el segmento de arriba de las 100 mayores del mundo, porcentaje mayor que el de Italia y Suecia, sólo por debajo de las francesas (39) y alemanas (37).

Los costos laborales por unidad de producto han caído 30% en los últimos 4 años y la productividad industrial ha aumentado un porcentaje superior. Se incrementa en el sector manufacturero 2,5% por encima de los niveles alemanes, lo que hace que la industria española converja aceleradamente con la primera de Europa. Son los beneficios del retraso histórico, medido según la diferencia en el stock de capital fijo, que es el ranking propio del capitalismo globalizado.

Si esta tendencia permanece, o si se acelera en los próximos 10 años, España estaría entre los países europeos de mayor competitividad/productividad manufacturera del sistema mundial. Es inútil calificar de recuperación económica lo que está sucediendo en España; es una noción puramente cuantitativa. Lo que vive la economía española es un cambio de naturaleza, un salto cualitativo.

Aunque es temprano para decirlo, quizás esta segunda década del siglo XXI sea una de las mejores de la historia española.

Jorge Castro

Jorge Castro

Fuente: Clarín, 26/04/14.

La Teoría de la Ruina del Jugador (Gambler’s Ruin)

abril 26, 2014

La teoría de la ruina del jugador (gambler’s ruin)

En todos aquellos juegos de azar cuya marcha se basa en que los participantes deben apostar alguna cantidad de dinero para poder seguir jugando, es previsible que tarde o temprano alguno de los participantes terminará quedándose con el dinero de todos sus oponentes, o que a éstos se les irá agotando el dinero y ya no podrán seguir participando en el juego, casos en los cuales el juego puede considerarse terminado tanto para los unos como para los otros.

En el campo de las matemáticas siempre ha existido interés por calcular cuáles son las probabilidades que un jugador enfrentado a otro tiene de terminar a largo plazo en una situación en la cual ya no dispone de más dinero para seguir participando en el juego, situación que se conoce como el estado de «Ruina del Jugador» (Gambler’s Ruin).

Para poder realizar estos cálculos es necesario tener en cuenta la cantidad total de dinero que al inicio tiene disponible el jugador para apostar (conocido como el Capital Inicial o el «Bankroll»), y además se debe tener en cuenta si el juego en cuestión en que participan los apostadores se basa en el «Equilibrio Equitativo» para todos ellos o si se trata de un juego en el que se establece alguna Ventaja Matemática a favor de alguno de los participantes.

En juegos de azar con Equilibrio Equitativo se Arruina Primero el jugador con menos Bankroll:

En efecto, supongamos que existe un juego con «Equilibrio Equitativo» entre dos jugadores, basado en el lanzamiento al aire de una moneda normal (cara o cruz), de tal forma que ambos jugadores tienen por igual el 50% de probabilidades de acertarle a la cara o la cruz. El juego se basa en que ambos jugadores al inicio apuestan un billete de $1 dólar, luego el jugador A elige cara o cruz y lanza la moneda al aire, de tal forma que si le acierta al lado de la moneda que eligió, entonces conserva el dólar que apostó y gana como premio el dólar que fue apostado por el jugador B, y si no acierta entonces es el jugador B quien conserva su dólar y gana como premio el dólar apostado por el jugador A. Después le corresponde el turno al jugador B para lanzar la moneda, y se aplica el mismo procedimiento de apuesta y se define el resultado del juego mediante el lanzamiento al aire de la moneda realizado por el jugador B. Es evidente que en este juego las condiciones son equitativas para ambos jugadores y por tanto no hay Ventaja Matemática a favor de ninguno de ellos porque el Valor Esperado (Expected Value) sobre el dinero apostado es iguala cero (0).

Ahora bien, respecto de este juego se pueden presentar dos situaciones distintas: que los dos jugadores tengan la misma cantidad de dinero para apostar, o que alguno de los dos tenga más dinero para apostar que el otro. En ambos casos para calcular la probabilidad de ruina que a largo plazo tienen los dos jugadores se emplean las siguientes fórmulas básicas:

P1 =

n2

n1 n2

P2 =

n1

n2n1

En estas fórmulas matemáticas se debe tener en cuenta que P1 y P2 corresponden a las probabilidades de ruina del jugador A y del jugador B respectivamente, y la expresión n1 es el dinero que tiene para apostar el jugador A, y la expresión n2 es el dinero que tiene para apostar el jugador B. Supongamos que cada jugador tiene $6 dólares para apostar en el juego del lanzamiento de la moneda que antes hemos mencionado, es decir, tienen el mismo capital inicial (Bankroll) para competir en el juego, en tal caso la probabilidad de ruina para ambos jugadores es la siguiente al sustituir las expresiones de las fórmulas matemáticas por los valores respectivos:

P1 =

6

=

6

=

0,5

6 + 6

12

P2 =

6

=

6

=

0,5

6 + 6

12

En este caso las probabilidades para que el jugador A y el jugador B se arruinen son equivalentes, son exactamente las mismas (del 50%), porque ambos tienen los mismos recursos económicos para soportar las fluctuaciones aleatorias del juego.

Supongamos ahora que respecto del mismo juego del lanzamiento de la moneda el jugador A tiene $8 dólares para apostar y el jugador B sólo tiene $5 dólares para apostar, en tal caso la probabilidad de ruina para ambos jugadores es la siguiente:

P1 =

5

=

5

=

0,3846

8 + 5

13

P2 =

8

=

8

=

0,6153

5 + 8

13

Estos resultados indican que el jugador A, que tiene un capital inicial de $8 dólares, sólo tiene una probabilidad del 38,4% de caer en ruina, mientras que el jugador B, que tiene un capital inicial de $5 dólares, tiene una más alta probabilidad de caer en la ruina, equivalente al 61,5%. En otras palabras, en un juego donde para todos los participantes son equitativas las condiciones para ganar el premio o para perder la apuesta, se observa que aquel jugador que inicia su participación en el juego con un capital inicial más bajo en comparación al dinero de su contrincante, tiene más altas probabilidades de terminar rápidamente en situación de ruina:

Esta conclusión que aparentemente es muy obvia, convertida en un teorema más general indica que en cualquier juego de azar equilibrado para ambas partes (es decir, con un Expected Value de 0), a la larga terminará sobreviviendo el jugador que posee un mayor Bankroll, pues es evidente que al disponer de más dinero o capital inicial tiene mayores probabilidades de resistir por más tiempo las rachas de resultados adversos que eventualmente ocurrirán durante el transcurso del juego.

En los casinos se Arruina el jugador que con Poco Bankroll pretende las Ganancias más Elevadas:

Ahora bien, si en un juego de azar en el que imperan condiciones equitativas para ambos jugadores se observa que a la larga tiene menos probabilidades de arruinarse aquel jugador que posee una mayor cantidad de dinero o capital inicial para apostar, entonces es evidente que tratándose de los juegos de azar de los casinos en los que imperan «condiciones inequitativas» siempre la Banca tendrá muy bajísimas probabilidades de arruinarse, no sólo porque se supone que la Banca siempre tiene una mayor cantidad de dinero que la colectividad de todos los jugadores que concurren a sus salones de juego contra los que ella se enfrenta a diario, sino además porque la Banca siempre mantiene en todos sus juegos la imbatible Ventaja Matemática a su favor que de entrada devora una porción del dinero que es apostado por los jugadores. El jugador está predestinado a arruinarse a la larga cuando trata de competir contra la Banca en su propio terreno.

Existen muchas vías matemáticas para probar lo anterior. La vía más común es la aplicación de ecuaciones diferenciales como la siguiente:

P(x) =

1

P

(n+1)

+

1

P

(n1)

p

p

Para la aplicación de esta ecuación diferencial vamos a suponer que un jugador llega a jugar en una mesa de ruleta americana y decide apostar $1 dólar a cualquiera de los colores (Rojo o Negro), y sólo se mantiene todo el tiempo en ese juego realizando este tipo de apuesta, sin aumentar ni disminuir el monto de su apuesta y sin cambiar de color elegido independientemente de los resultados que aparezcan en la ruleta. Este jugador llega a apostar con determinada cantidad n de dinero en su bolsillo que conforma su Bankroll inicial para afrontar los numerosos resultados aleatorios que puede arrojar el juego. Hay que suponer que el jugador aspira a ganar una determinada cantidad N de dinero ($100, $500, $1.000, $10.000 dólares, etc.), cifra la cual lógicamente siempre es mayor a la cantidad n de dinero que conforma su Bankroll inicial para apostar, es decir, hay que presuponer que el jugador en cuanto al dinero n que posee siempre empieza su participación en el juego en algún punto intermedio localizado entre tener 0 dólares (que es la Situación de Ruina) y tener N dólares (que es ganar la suma fijada como objetivo), o lo que es lo mismo expresado en términos matemáticos: 0<n<N. En consecuencia, el juego para este jugador puede concluir o bien cuando logra ganar la cantidad N de dinero fijada como objetivo y se retira como un triunfador, o puede concluir cuando pierde todo su Bankroll inicial (n) y debe retirarse del juego por falta de dinero (al quedar con un saldo de 0 que es equivalente a la Situación de Ruina).

Teniendo en cuenta lo anterior, es claro que en la ecuación diferencial la expresión P(x) puede asumir dos valores distintos dependiendo de los dos posibles finales que puede tener el juego, pues si se pretende calcular cuál es la probabilidad de que el jugador pierda todo su bankroll inicial y quede en un saldo de 0, entonces en tal caso la probabilidad de quedar en 0 tiene un valor de 1 (es «Muy Probable»), mientras que simultáneamente la probabilidad de alcanzar el objetivo N adquiere un valor cercano a 0 (es «Improbable»), es decir, en la Situación de Ruina para el jugador se observa que los valores posibles de P(x) son: P(0) = 1 y P(N) = 0. Las probabilidades que ofrece el juego de la ruleta son representadas en la ecuación mediante la letra p, y tratándose de la ruleta americana hay que recordar que la probabilidad de acertarle al color Rojo o al color Negro equivale a 18/38, mientras que la probabilidad de no acertarle al color Rojo o al color Negro equivale a 20/38. Finalmente, esta ecuación diferencial también prevé que cuando el jugador acierta en la apuesta según la probabilidad ofrecida por el juego obtiene como premio $1 dólar adicional sobre su bankroll inicial [representado por la expresión (n+1)], mientras que cuando no acierta en la apuesta pierde $1 dólar de su bankroll inicial [representado por la expresión (n−1)].

Existen varios métodos para resolver este tipo de complejas ecuaciones diferenciales: el método de Euler, el método de Cauchy, el cálculo de las iteraciones como un sistema dinámico discreto, etc. No es mi intención atiborrar al lector con la explicación de toda una serie de pesados conceptos matemáticos necesarios para aplicar cualquiera de esos métodos de resolución a la anterior ecuación diferencial, y por lo tanto me limitaré a resumir en la siguiente tabla los resultados de la ecuación para los diferentes escenarios de ruina que puede afrontar nuestro jugador de la ruleta que en cada jugada sólo apuesta $1 dólar ya sea al color Rojo o al color Negro sin cambiar de color, iniciando el juego con diferentes bankroll (n) en su bolsillo, y que tiene como meta alcanzar una suma N equivalente a ganar $200 dólares para retirarse del casino como un triunfador:

PROBABILIDAD DE RUINA AL PRETENDER ACUMULAR $200 EN LA RULETA AMERICANA:

BANKROLL INICIAL

(En Dólares):

$50

$90

$110

$140

$160

$180

$190

PROBABILIDAD DE RUINA (En porcentajes):

79%

39%

25%

15%

8%

4%

1%

Como se observa en la anterior tabla, nuestro jugador tiene una probabilidad equivalente al 79% de arruinarse ante la Banca si sólo cuenta con $50 dólares para apostar $1 dólar por jugada al color Rojo o al color Negro, con la pretensión de retirarse cuando haya logrado acumular un total de $200 dólares. Se observa que si el jugador comienza su participación en el juego con un mayor bankroll o capital inicial, entonces se reduce progresivamente la probabilidad de arruinarse en su intento de alcanzar la meta de acumular los $200 dólares, lo cual resulta obvio porque al disponer de mayor capital evidentemente se encuentra más próximo de lograr la meta establecida (acumular los $200 dólares), e igualmente al disponer de un mayor bankroll puede soportar por más tiempo una prolongada mala racha de resultados adversos en el juego. Así, si el jugador ingresa en el juego con $190 dólares, suma muy cercana a la meta de los $200 dólares, entonces la probabilidad de arruinarse primero antes que alcanzar la meta de acumular los $200 dólares se reduce al 1%. Si se hacen otros ejercicios de cálculo partiendo de sistemas diferentes de apuestas colocadas sobre el tapete de la ruleta, o estableciendo como meta alcanzar una suma distinta, entonces siempre al aplicar la anterior ecuación diferencial se observará que el jugador tiene menos probabilidades de arruinarse entre más cerca esté su bankroll inicial a la suma N fijada como meta.

La misma conclusión se observa si el anterior procedimiento de cálculo es aplicado a las modalidades de apuestas de otros juegos como el craps, el sic−bo, el baccarat, el blackjack, el stud poker, la ruleta francesa, las máquinas tragamonedas, etc., porque en todos estos juegos de casino a la larga termina imponiéndose la ventaja matemática establecida a favor de la Banca que devora rápidamente el dinero que es apostado por los jugadores bajo unas condiciones que siempre arrojan un Expected Value negativo sobre las opciones de apuestas. Si un jugador en cualquier juego de azar establece una meta muy alta que desea alcanzar, y sólo tiene un bankroll muy modesto para intentar alcanzarla, entonces de entrada tiene mayores probabilidades de arruinarse primero antes que alcanzar la meta fijada. Y si un jugador en cualquier juego de azar establece alcanzar una meta que es muy cercana al bankroll que ya posee (como cuando se fija como meta alcanzar la acumulación de $200 dólares teniendo un bankroll inicial de $190), entonces la probabilidad de arruinarse se reduce drásticamente, pero en tal caso no parece tener mucho sentido racional ni económico arriesgar un bankroll ante las fluctuaciones del azar con la pretensión de alcanzar una suma que es muy cercana a la que ya se posee en el bolsillo: ¿Qué sentido tiene arriesgar $190 dólares contra la implacable Ventaja Matemática a favor de la Banca bajo la pretensión de ganar sólo $10 dólares adicionales para alcanzar la meta de acumular los $200?

Obviamente, no hay que perder de vista que los anteriores cálculos son sólo eso, unos cálculos de probabilidad y nada más, ocurridos en el abstracto mundo de las matemáticas. Por consiguiente, no hay que concluir que es una ley universal, absoluta e inmutable que en los casinos sólo aquellos jugadores que tienen más dinero para apostar son los que siempre necesariamente ganarán. Todos los jugadores, sin importar su capital inicial, a largo plazo están predestinados a arruinarse ante la Ventaja Matemática a favor de la Banca que tiende a imponerse sobre el dinero que es apostado en todos los juegos de azar siempre que el comportamiento en la aparición de sus resultados se aproxime al estado de Regularidad Estadística.

Si un jugador fija como meta una suma muy cercana al bankroll que ya posee, lo único que hace es que «en el fabuloso mundo de los números» reduce la probabilidad de arruinarse, pero nada, absolutamente nada en este mundo, garantiza que en el juego real eventualmente ese jugador no terminará arruinándose aún contra todas las probabilidades matemáticas existentes a su favor. Del mismo modo, es verdad que a la luz de las matemáticas en los casinos tiene mayores probabilidades de arruinarse aquel jugador que posee un bankroll diminuto y que aspira alcanzar una meta muy elevada sobre el mismo, pero nada garantiza que necesariamente en el mundo real todos los jugadores con bajísimo capital inicial deberán arruinarse siempre según lo dictaminan las probabilidades matemáticas, pues de ser así entonces no ocurrirían de vez en cuando esos sorprendentes casos de personas que con sólo $50 dólares logran ganar $5.000 dólares en la ruleta, o personas que inician en una mesa de baccarat con $50 dólares y a la media hora de juego ya tienen acumulados $100 dólares, o personas que apostando $10 dólares en una tragamonedas logran ganar el gran jackpot acumulado de $10 millones de dólares, etc.

Las probabilidades matemáticas siempre ocasionalmente se pueden desviar en el mundo real, y por eso es posible observar en los casinos que aproximadamente un 5% de todos los jugadores que concurren logran alcanzar sus metas económicas sin arruinarse, para luego marcharse muy felices a sus casas como triunfadores llevándose un buen botín en sus bolsillos, mientras que el restante 95% de los jugadores o se arruinan irremediablemente o salen del casino en situación de «tablas» (conservando una suma que por encima o por debajo es muy cercana al bankroll inicial con el que empezaron a jugar). Como dicen por ahí, el truco consiste en descubrir cómo pertenecer la mayor parte del tiempo a ese selecto grupo del 5% de los jugadores de los casinos que comienzan su juego con un n bankroll y logran alcanzar su meta N preestablecida para retirarse del casino como triunfadores.

El Suplicio del Bankroll: atraído hacia la Ruina y atosigado por la Ventaja Matemática de la Banca.

Por supuesto, a la Banca le resultan indiferentes todas las anteriores penurias matemáticas que sólo atormentan principalmente a los jugadores que viven angustiados por el deseo de incrementar enormemente el tamaño de sus respectivos bankroll, ya que según las matemáticas es evidente que en los juegos de azar siempre tienen mayores probabilidades de arruinarse todos los jugadores que inician con un bankroll inicial muy bajo, y por tanto es indudable que de todos los jugadores que concurren a un casino el que tiene menos probabilidades de arruinarse es la Banca debido a que siempre cuenta con un mayor bankroll inicial sobre la totalidad del dinero que posee la colectividad de los jugadores, además de que la Banca también cuenta con la consabida ventaja matemática a su favor establecida en todos los juegos de azar, lo que a la larga le permite tener mayores probabilidades de quedarse con el modesto bankroll inicial de todos los jugadores.

Visto desde esta óptica meramente matemática, se puede concluir que participar en los modernos juegos de azar de los casinos, con la intención de ganar un dinero adicional (N) sobre el bankroll inicial que ya se posee (n), al tiempo que se pretende evitar caer en la Situación de Ruina al perder ese preciado bankroll bajo la influencia de la Ventaja Matemática de la Banca y bajo la aleatoriedad impredecible del juego, llega a parecerse demasiado a aquellos antiguos suplicios mitológicos que inventaban los dioses del Olimpo para vengarse cruelmente de sus enemigos.

Suplicio de Tántalo y suplicio de los apostadores en los juegos de azar.

Según la mitología griega, Tántalo era hijo de Zeus, y por eso fue muy respetado por todos los demás dioses del Olimpo, hasta que un día Tántalo decidió robarles el néctar divino y las ambrosías de sus banquetes y además reveló a los mortales los secretos de todos los dioses poniendo en duda su divinidad y su carácter justo. Incluso, para burlarse de la divinidad de los dioses, Tántalo sacrificó a uno de sus hijos y en un gran banquete les dio a comer de su carne sin que ellos siquiera pudieran adivinarlo. Como castigo impartido por el poderoso Zeus, Tántalo fue condenado a vivir eternamente en el reino de Hades (el infierno), pero padeciendo siempre de hambre y de sed, y para hacer más cruel el castigo, fue encadenado en un pozo de aguas cristalinas que le llegaban hasta la barbilla, rodeado también de provocadores árboles frutales sobre su cabeza, pero cada vez que Tántalo deseaba saciar su sed, entonces las aguas cristalinas descendían alejándose de su boca, y cuando deseaba comer y alargaba los brazos para tomar las ricas frutas de las ramas más cercanas, también éstas huían burlonamente elevándose hacia lo alto. El «Suplicio de Tántalo» es ver tan cerca el objeto codiciado que puede saciar los deseos materiales, pero sabiendo que a la vez es un objeto ajeno y muy difícil de alcanzar.

Suplicio de Sísifo y suplicio de los apostadores en los juegos de azar.

Según los relatos griegos, Sísifo fue un mortal que nació de las aventuras amorosas del dios Eolo en la Tierra, y llegó a ser el padre de Ulises, el famoso «Odiseo». Sísifo, antes de que ocurrieran las grandes aventuras de su hijo Ulises, fue el hombre más astuto e ingenioso que vivió sobre la faz de la tierra, además de ser promotor de la navegación y del comercio entre los pueblos, hábil embaucador, avaro y tramposo, hasta el punto de que llegó a asaltar y asesinar viajeros y navegantes para incrementar así fácilmente su riqueza (fue el primer pirata de la historia). Cuando Tánatos, la muerte, vino a buscarlo para llevarse su alma, Sísifo astutamente la engañó y la apresó con unos grilletes durante varios años, por lo cual nadie volvió a morir en la tierra, hasta que el poderoso dios Ares (el dios romano de la guerra conocido como Marte) liberó a Tánatos, quien furiosamente se llevó a Sísifo al infierno. Pero el astuto Sísifo le había advertido a su esposa que si algún día él perecía, ella nunca debía realizar el respectivo sacrificio ritual en honor de los muertos, y por ese motivo Sísifo en el infierno comenzó a quejarse constantemente ante Hades (el dios de los muertos), hasta que lo convenció de permitirle volver a la tierra con el pretexto de reprender a su esposa para que cumpliera con los sagrados rituales mencionados, mas una vez en la tierra Sísifo decidió no regresar al inframundo, sabiendo que Tánatos no podía hacerlo morir por segunda vez y que además Hades no tenía poder alguno sobre los seres que habitaban fuera del inframundo, situación que perduró hasta que varios años después el dios Hermes, cumpliendo órdenes de Zeus, llevó a la fuerza a Sísifo hasta el infierno. Allí Hades castigó cruelmente el atrevimiento de Sísifo, condenándolo eternamente a subir una pesada roca hasta lo alto de una montaña, pero siempre cuando iba a llegar a la cima la piedra se venía sobre él y le hacia retroceder bastante hasta que la piedra rodaba a lo profundo de la llanura, y nuevamente Sísifo se veía obligado a recomenzar su pesado trabajo que nunca tenía fin. El «Suplicio de Sísifo» consiste en realizar un monumental trabajo inacabable que al final siempre resulta inútil, no obstante el gran empeño puesto en su ejecución.

Suplicio de Prometeo y suplicio de los apostadores en los juegos de azar.

Prometeo en la mitología griega es un titán que no le tenía ningún miedo a los orgullosos dioses del Olimpo, y además siempre estaba protegiendo a la naciente raza humana suministrándole subrepticiamente todo el conocimiento necesario para que aprendiera a sobrevivir y evolucionar por sí misma. Como los primitivos humanos llegaron a profesarle mayor culto de adhesión a Prometeo que a los demás dioses del Olimpo, entonces éstos decidieron castigar a los humanos quitándoles el fuego y conservándolo dentro de los límites del Olimpo. Entonces Prometeo audazmente decidió robar el fuego que ardía en la fragua de Hefestos (Vulcano) y se lo dio nuevamente a los humanos, además de comunicarles todos los secretos del arte de la fundición y la forja de metales, con lo cual los humanos resurgieron como una civilización iluminada por el fuego y el conocimiento científico que les transmitió Prometeo. Los dioses del Olimpo muy furiosos decidieron castigar este gran atrevimiento. Así que primero Hefestos en su taller fabricó una bella mujer de arcilla, a la que Zeus luego le dio vida, bautizándola como Pandora, y ella fue enviada a la tierra para que conquistara el corazón de Epimeteo, hermano de Prometeo, de tal forma que Epimeteo se casó con ella e intrigado de curiosidad terminó por abrir una pequeña caja de plata que siempre portaba celosamente su prometida, de la cual repentinamente salieron todas las desgracias enviadas por los dioses para atormentar por siempre a la humanidad: el crimen, las enfermedades, las hambrunas, el dolor, las guerras, las plagas, los desastres naturales, etc. Después de castigada la humanidad por la apertura de la «Caja de Pandora», entonces Hefestos con la ayuda de Bía y Cratos capturaron a Prometeo y lo encadenaron en lo más alto de las montañas del Cáucaso, y Zeus todos los días le enviaba un águila gigante que le devoraba el hígado, órgano que al día siguiente sanaba y volvía a crecer debido a que Prometeo era inmortal. El castigo estaba diseñado para durar eternamente, pero después de 1.000 años de cautiverio pasó por ese lugar el poderoso Hércules que iba en busca del jardín de las Hespérides y se compadeció de la triste situación de Prometeo, por lo cual con su fuerza descomunal rompió las cadenas y mató de un flechazo a la enorme águila del tormento. Agradecido, Prometeo le reveló a Hércules el secreto para obtener sin riesgos las manzanas de las Hespérides. Zeus decidió olvidar el castigo contra Prometeo debido a que esta hazaña llenaba de gloria y de fama a su hijo Hércules. El «Suplicio de Prometeo» es el que viven todos los alquimistas y los científicos desde los albores de la humanidad, y consiste en la búsqueda permanente de la iluminación derivada de nuevos conocimientos, los cuales sólo conducen a más interrogantes aún por resolver, los cuales a su vez requieren la búsqueda de nuevos conocimientos que conducen a más interrogantes, en una cadena esclavizante que se prolonga sin fin.

La Teoría de la Ruina del Jugador: comprobación matemática.

Guardando las debidas proporciones en cuanto a la crueldad de los suplicios aplicados a los héroes mitológicos de la Antigüedad, es evidente que desde la óptica matemática se puede afirmar que en los modernos juegos de azar de los casinos el jugador también es sometido a una situación de padecimiento muy semejante. El jugador inicia su participación en el juego de azar con cierto Bankroll (n) en su bolsillo, y establece como meta incrementar ese bankroll inicial hasta obtener una determinada cantidad (N) de su gusto que para él es equivalente a obtener la Riqueza. Sin embargo, para que el carrito del jugador en el que se acumulan las ganancias y los lingotes de oro pueda avanzar sobre este camino aparentemente plano que va desde la Ruina hasta la Riqueza, se requiere que el jugador en ese trayecto también arrastre a sus espaldas un pesado Expected Value de signo negativo (EV) que se manifiesta como un porcentaje específico de pérdida a favor de la Banca sobre cada dólar que se apuesta en las mesas de juego, odiado cargamento al cual inevitablemente se encuentra encadenado el jugador desde el mismo momento en que decide apostar sometiéndose a las inequitativas reglas del juego, pesado cargamento que además, cual si fuera un nefasto imán, permanentemente intenta tirar del jugador para atraerlo hacia la Situación de Ruina (hacia la situación de quedar con un saldo de 0). No resulta extraño que bajo estas condiciones tan difíciles sólo 5 de cada 100 jugadores que concurren a un casino logran superar la prueba conservando su bankroll sin caer en la Situación de Ruina y obteniendo la cantidad N de riqueza deseada a pesar del Expected Value negativo que afecta a cada dólar apostado.

La Banca ante la Teoría de la Ruina en Juegos de azar.

Por supuesto, los padecimientos de cada jugador son un problema minúsculo. En todos los casinos el jugador que mayor dinero siempre tiene es la Banca, y por tanto es la que tiene menores probabilidades de arruinarse aún enfrentándose a una colectividad de jugadores pudientes y ansiosos de obtener más dinero fácil. Más allá de la «pequeña N» que como meta se fija cada jugador, existe la «Gran N», conformada por todo el capital que la Banca permanentemente apuesta en todas las mesas de juego y en las máquinas tragamonedas en contra de todos los jugadores, así estas apuestas de la Banca no sean notorias a simple vista para la mayoría de los jugadores. En efecto, cada vez que un jugador apuesta $1 dólar pleno en la ruleta, la Banca simultáneamente está apostando $35 dólares a que el jugador no tendrá éxito, y si esto ocurre, entonces la Banca conserva sus $35 dólares y se lleva como ganancia el dólar del jugador perdedor. Si en una mesa de blackjack un jugador apuesta $100 dólares, la Banca simultáneamente apuesta $150 dólares a que él perderá y no obtendrá un Blackjack (dentro de un sistema de premios en la proporción 3 a 2). En las máquinas tragamonedas cada vez que un jugador acciona la palanca apostando una simple moneda de 25 centavos, simultáneamente la Banca está apostando hasta un jackpot de $5.000 dólares a que ese jugador perderá. Así no lo veamos, es evidente que en todos los juegos de azar de los casinos la Banca siempre está apostando simultáneamente en contra de los jugadores una cantidad de dinero mucho mayor que la que ellos colocan, pero hay que tener en cuenta que el dinero colocado por la Banca no tiene un Expected Value negativo para ella, como si lo tiene cada centavo puesto por los jugadores.

Debido a que la Banca tiene un Bankroll superior en todos los juegos de azar que ofrece, tiene mayores probabilidades de quedarse con las modestas sumas que arriesgan todos los jugadores. Un jugador que posee un modesto bankroll n, con un Expected Value negativo a cuestas, improbablemente podrá sobrevivir a las fluctuaciones aleatorias del juego para quedarse con la «Gran N» que posee la Banca. En cambio, la Banca tiene mayores probabilidades de adicionar su ya abultado bankroll con las pequeñas sumas que son apostadas por los jugadores en todas las mesas, pues ganar esas pequeñas sumas no representa una meta muy lejana al monto del gran bankroll que la Banca ya posee.

Esta es otra de las razones matemáticas por las cuales es momento de dejar de creer ilusamente en el viejo mito de «Quebrar a la Banca» o en las fabulosas hazañas de los supuestos «Salta−Bancas» predicadas desde siempre por toda una legión de farsantes.

FUENTES DE CONSULTA:

BARBOIANU, Catalin. Probability Guide to Gambling: The mathematics of dice, slots, roulette, baccarat, blackjack, poker, lottery and sport bets. 2006.

GROEBNER, D.; SHANNON, P.; FRY, P.; SMITH, K. Business statistics: a decision making approach. Prentice Hall, 6a edición.

HAEUSSLER, E.; PAUL, R.; WORD, R. J. Introductory mathematical analysis for business, economics and the life and social sciences. Prentice Hall.

KILBY, J. y FOX, J. Casino operations management. John Wiley & Sons, New York, 2005.

MARSHALL, Lincoln, y RUDD, Denis. Introduction to casino and gaming operations. 1996

THORP, Edward. Elementary probability. Wiley & Sons, New York, 1976.

TIJMS, Henk. Understanding probability: Chance rules in everyday life. Cambridge University Press, 2004.

WIKIPEDIA. Consulta de los términos: Bankroll, Expected Value; Gambler’s Ruin; Gaming Mathematics; House Edge; Probability Theory; Wagering Business.

Fuente del artículo: Eye in the sky.

Cinco lecciones empresariales de un magnate bananero

abril 26, 2014

Cinco lecciones empresariales de un magnate bananero

Por Rich Cohen

Samuel Zemurray, conocido en Estados Unidos como el Hombre Banano, hizo su primera fortuna con bananas maduras, es decir, aquellas que los grandes comerciantes de la fruta consideraban que no llegarían en buen estado a los puntos de venta y que eran simplemente abandonadas.

Cuando Zemurray, un joven inmigrante ruso, notó la primera triste pila de bananas maduras, alrededor de 1895, en el puerto de Mobile, Alabama, advirtió que había una oportunidad. Para 1903, era un pequeño magnate, con US$100.000 en el banco.

A partir de ahí, Sam entró de lleno en la industria bananera. En 1909, se dirigió a Honduras, donde compró y limpió grandes franjas de selva virgen y, más tarde, con la ayuda de un ejército de mercenarios contratados en Nueva Orleans, derrocó al gobierno y lo reemplazó con uno de su mayor agrado. Levantó una empresa bananera de élite y finalmente asumió el control de United Fruit, en 1932. Para cuando murió, en 1961, en la más grandiosa casa de Nueva Orleans, había sido transportista, vaquero, agricultor, comerciante, revolucionario, filántropo y presidente ejecutivo.

De las aventuras de Sam surgen lecciones básicas, reglas que le permitieron ver la mina de oro que había en aquella primera pila de bananas en descomposición.

1. Veálo por usted mismo. Cuando Sam decidió convertirse en productor bananero, se trasladó a la selva en Honduras. Plantó los tallos, caminó los campos y cargó los barcos con bananas. Creía que esa era su principal ventaja frente a los ejecutivos de United Fruit (U.F.), el gigante que lideraba el mercado y contra el que luchó por más de una década. U.F. era más grande, pero era operada desde una oficina en Boston. Zemurray, en cambio, estaba en el campo; entendía a sus trabajadores, cómo se sentían, lo que temían y lo que creían.

2. No trate de ser más inteligente que el problema. A fines de la década de 1920, U.F. y la compañía de Sam buscaban adquirir un mismo terreno fértil en la frontera entre Honduras y Guatemala. Sin embargo, la tierra parecía tener dos dueños legítimos, uno en Honduras y otro en Guatemala. Mientras U.F. contrataba abogados y encargaba estudios con el fin de determinar quién era el verdadero dueño, Zemurray simplemente la compró dos veces, una vez a cada propietario. Un simple problema merece una simple solución.

3. No confíe en los expertos. En los años 30, golpeada por la Gran Depresión, U.F. acudió a expertos para diseñar un plan de acción. Zemurray, quien para entonces era el mayor accionista de U.F., se dirigió en cambio a los capitanes, quienes le contaron que les habían pedido que redujeran la velocidad en sus viajes para ahorrar combustible. Cuando Zemurray asumió el control de la empresa les ordenó que en lugar de reducir la velocidad de sus botes, hicieran menos viajes. En seis meses, las acciones de U.F., que habían bajado de US$100 a US$10, despegaron a US$50.

4. El dinero siempre puede volver, pero la reputación se pierde para siempre. A principios de su carrera, Zemurray se asoció con U.F. Recibió dinero y ayuda para distribuir su producto; él, a su vez, le ofreció a la empresa el uso de sus barcos. Un año, cuando los trabajadores iniciaron una huelga en Nicaragua y bloquearon los ríos del país, U.F. rompió el bloqueo con las embarcaciones de Zemurray, pintadas con el logotipo de su empresa. Eso lo volvió un hombre odiado en Nicaragua y se convenció de que debía disolver su sociedad, sin importar lo mucho que había ganado de U.F. Una persona que no controla su nombre e imagen no tiene nada.

5. En caso de duda, ¡haga algo! Cuando Zemurray compró U.F., en 1932, la empresa estaba al borde del abismo. El precio de su acción estaba casi en cero y perdía a sus mejores empleados. Zemurray viajó a América Central y del Sur, reuniéndose con trabajadores para conocer sus ideas. Los muchachos tienen que saber que hay una persona a cargo. Si piensan que uno sabe lo que está haciendo, entonces te seguirán a cualquier parte, explicó.-
—Cohen es autor de ‘The Fish That Ate the Whale: The Life and Times of America´s Banana King’, que acaba de ser publicado en EE.UU.
Fuente: The Wall Street Journal, 10/06/12.

Samuel Zemurray
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Samuel Zemurray

Samuel Zemurray (18 de enero de 1877 – 30 de noviembre de 1961) fue un magnate estadounidense. Hizo su fortuna en la Banana Trade y fundó la Cuyamel Fruit Company que desempeñó un papel significativo y muy importante en la historia de Honduras. Zemurray después se convirtió en el presidente de la compañía United Fruit Company.

Biografía

Anteriormente hogar de Zemurray, esta mansión en la Avenida St. Charles en Nueva Orleans es ahora la residencia de los presidentes de la Universidad de Tulane.El nombre original de Zemurray era Schmuel Zmurri. Nació en Kishinev, Bessarabia, Imperio Ruso (hoy en día Chişinău, Moldavia). Pertenecía a una familia judía pobre que emigró hacia Estados Unidos cuando Schmuel contaba catorce años de edad. Zemurray no tuvo educación formal. Entró en el comercio del banano en Mobile, Alabama, en 1895, a la edad de dieciocho años. Su riqueza temprana se debió principalmente a una empresa muy exitosa iniciada en Nueva Orleans, Luisiana. Allí compraba los plátanos que habían madurado en los barcos de transporte y luego los vendía a nivel local. Su éxito le valió el apodo de «Sam el Hombre Banana». A la edad de veintiún años ya había producido US 100.000 dólares. Más tarde compró un barco de vapor y se fue rumbo a Honduras.

En 1910, compró 5.000 acres (20 km ²) de tierra a lo largo del río Cuyamel. Más tarde se agregó más tierras pero se endeudó mucho.

Honduras y Nicaragua en ese momento estaban negociando sus deudas con EE.UU.; el Secretario de Estado de los Estados Unidos de Norte América, Philander C. Knox estuvo involucrado en las negociaciones, y proponía la presencia de agentes de los bancos JP Morgan y Compañía en las oficinas de las aduanas de estos países, con el fin de recaudar los impuestos necesarios para pagar la deuda. Zemurray temía que iba a someterse a imposición de negocio e hizo un llamamiento a Knox en busca de ayuda. Knox le rechazó por lo que regresó a Nueva Orleans, donde vivía el depuesto presidente hondureño Manuel Bonilla. Zemurray ayudo a Bonilla a regresar a Honduras oculto. Cuando Bonilla arribó a Honduras se libró una revolución que llevó al retorno de Bonilla al poder. Bonilla agradecido con Zemurray le dio concesiones de tierras, exención de impuestos y autonomía propia del estado hondureño, lo que ayudó a salvar su negocio.
Fuente: Wikipedia.

Anteriormente hogar de Zemurray, esta mansión en la Avenida St. Charles en Nueva Orleans es ahora la residencia de los presidentes de la Universidad de Tulane.

Investors exit ETFs on weakening rally concerns

abril 26, 2014

Investors exit ETFs on weakening rally concerns.
By Eric Lam and Gerrit De Vynck.

(Bloomberg) — Canadian investors are pulling money out of exchange-traded funds for a second year as concern grows that a rally in energy and mining that helped drive equities to the best performance among the world’s largest markets has run its course.

So far in 2014, investors have withdrawn $682.5 million from exchange-traded funds tracking Canadian shares, following an outflow of $820.8 million last year, according to data compiled by Bloomberg. The benchmark Standard & Poor’s/TSX Composite Index is in its 10th month of gains, the longest winning streak since 1983, and has soared 20 percent in the past year. The gauge rose 0.2 percent to 14,557.27 at 10:55 a.m. in Toronto.

The latest ETF selloff comes as a rally in gold and base-metals companies has begun to lag in favor of energy producers. Mining stocks, which raced to a 16 percent gain in the first two months of the year, have slumped by half that rate since reaching a high in March amid a decline in gold prices. Oil and gas companies are off to the best start to the year since 2006.

“Looking at where gold and oil prices are, and where they could be headed in the next 12 months, Canadian equities probably are primed for flatlining,” said Shailesh Kshatriya, a senior investment analyst with Russell Investments Group in Toronto. His firm manages C$272.7 billion ($247.2 billion). “Not necessarily a severe correction, but we’d be more cautious on Canadian equities going forward. We are in wait-and-see mode on the sustainability of commodities prices.”

Gains in the index this year have been led by a rally in commodities including crude oil and natural gas, as well as a rebound in gold from the worst slump in 31 years. The S&P/TSX has posted a return of 6.7 percent this year to lead the advance among the world’s 10 largest equity markets. The Standard & Poor’s 500 Index has climbed 1.5 percent in 2014.

International stocks

“I don’t think the leadership gap will remain this wide, there will be some catch-up from international stocks,” said Craig Fehr, Canadian market strategist at Edward Jones, on the phone from St. Louis. His firm manages about $750 billion globally. “Evidence suggests the domestic economy is going to be a laggard in its growth rate relative to other developed markets, so investors are just looking for better sources of growth and perhaps seeing that in international markets.”

Canadian investors have added $1.03 billion in ETFs tracking international equities so far this year, after buying a record $3.32 billion last year, data compiled by Bloomberg show. Japan’s Nikkei 225 Index is down 11 percent this year, after soaring 57 percent in 2013. The S&P 500 rose 30 percent in 2013, the most since 1997, while the S&P/TSX advanced 9.6 percent.

Global rally

Investors are continuing to add to international positions this year because some may be late in responding to last year’s global rally as Canadian stocks lagged, said Dan Hallett, a fund manager at Highview Financial Group Inc. in Oakville, Ontario.

“Rewind about three years ago and even though we were well into the recovery, nobody wanted to touch U.S. stocks,” he said in an April 22 phone interview. “Yet now everybody’s quite comfortable with the U.S., and why? It’s because they had a bang-out year last year.”

Historical returns

Hallett estimates retail investors make up about half of the Canadian ETF market, and they can be influenced by historical returns. “Performance is a huge driver at the retail level,” he said.

The S&P/TSX will post single-digit returns this year with gold prices remaining volatile and copper tied to a Chinese economy stuck in the 7 percent growth range, Fehr said.

The Canadian economy is forecast to grow 2.3 percent in 2014, compared with 2.7 percent growth in the U.S., according to economists’ estimates compiled by Bloomberg.

Gold, the precious metal seen as a safe haven in times of uncertainty, has tumbled since March as the U.S. economy shows signs of improving with the Federal Reserve beginning to taper its debt purchases. June futures touched a 10-week low on April 22 before rising 0.3 percent to $1,284.60 an ounce in New York yesterday.

Base metals have not fared any better, with copper down 11 percent this year amid concern about slowing demand in China due to a faltering economy.

Energy stocks

Gains in the energy index, which has surpassed materials as the best-performing industry in the broader S&P/TSX this year with a 14 percent increase, may also be headed for a pullback, said Kshatriya.

“We will want to see what happens over the course of the summer,” Kshatriya said in an April 22 telephone interview. “We could see prices back off for sure. It wouldn’t surprise me if we revisited the mid-$90s level. And there is a question of sustainability in the rally on the natural gas side.”

Crude for June delivery fell 0.3 percent to $101.44 a barrel in New York yesterday, a two-week low as U.S. supplies reached the highest level in 83 years.

The five top-returning companies in the S&P/TSX Energy Index, including Crew Energy Inc., Birchcliff Energy Ltd. and NuVista Energy Ltd., are all natural gas producers. They have benefited from one of the worst bouts of cold winter weather in Canada and the U.S. in recent years, with consumers using more of the fuel to heat their homes.

Natural gas

Natural gas prices peaked in February at $6.149 per million British thermal units in New York at the height of the winter season, and prices have since fallen 23 percent as temperatures began to rise with the North American spring.

David Cockfield, who helps manage about C$270 million as a fund manager with Northland Wealth Management in Toronto, said consumer demand for natural gas may be supported if there are extremely high temperatures in the summer months.

“Storage is at a very low level in the natural gas area,” he said. “If we have a hot summer, lots of air conditioning, supplies are going to be tight.”

The outlook for the S&P/TSX for the rest of the year will depend on earnings growth and increasing crude oil production for energy players, rather than further increases in oil and metal prices, Edward Jones’s Fehr said.

“What’s driving the returns will shift a bit,” he said.

And if there isn’t enough growth coming from either Canada or the U.S., investors may look elsewhere, said Northland’s Cockfield.

“There is a fairly strong group that is suggesting that emerging markets have had their bad times and it’s now time to pull your money out of Canada and the U.S., in terms of being slow-growing markets, into emerging markets,” he said.

Source: LifeHealthPRO, April 24, 2014.

El libro que desnuda la corrupción de Ricardo Echegaray

abril 25, 2014

El libro que desnuda la corrupción de Ricardo Echegaray.
Fuera de Control de Matías Longoni.

Los casos de Southern Winds, la valija de Antonini Wilson, los subsidios de la ONCCA, los terrenos en El Calafate, las facturas truchas usadas para pagar coimas: en todos estos acontecimientos sospechados de corrupción intervino Ricardo Echegaray.

Protagonista de una veloz carrera ascendente en el Estado, dirigió varios de los principales organismos de control y desde allí promovió o encubrió diversas irregularidades. Echegaray personifica una de las caras de ese kirchnerismo que muchos se niegan a ver porque es antagónico al que, de buena fe, apoyan.

El libro Fuera de control del periodista Matías Longoni retoma algunos episodios de conocimiento público y también revela muchas historias desconocidas protagonizadas por Echegaray: la del flamante oficial de la Marina que defiende la dictadura y hace «bailar» a cadetes apenas más jóvenes; la del abogado de pueblo que participa de estafas contra sus propios vecinos; la del militante liberal que pregona a gritos el desmantelamiento del Estado que, diez años después, ya como funcionario, utiliza para habilitar negocios particulares, perseguir opositores y acallar periodistas; la del funcionario que consiente hackear las principales bases de datos oficiales con dudosos fines; la del recaudador que permite la fuga de 1.800 millones de dólares de las arcas estatales.

Lo interesante de la obra es que menciona algunas de las investigaciones que hizo Tribuna de Periodistas en su momento y destaca que fue uno de los primeros medios en desnudar al hoy titular de la AFIP.

Por primera vez, se ofrece gratuitamente la obra para descargar por los lectores. Imperdible (ver links abajo).

Fuente: Tribuna de Periodistas.

http://periodicotribuna.com.ar/14333-el-libro-que-desnuda-la-corrupcion-de-ricardo-echegaray.html#.U1qDVlcY-xk

https://lucasraffablog.wordpress.com/2013/05/02/libro-gratuito-fuera-de-control/#more-7093

Ricardo Echegaray, funcionario corrupto.

Ricardo Echegaray, funcionario corrupto.

El acoso de la AFIP, un arma para acallar voces críticas

abril 25, 2014

El acoso de la AFIP, un arma para acallar voces críticas.
Por Marcelo Bonelli.

La AFIP le envió una inspección fiscal y personal a Miguel Blanco, el actual titular de IDEA y coordinador del crítico e inédito documento empresario que aprobó esta semana el Foro de Convergencia Empresarial.

La acción se adoptó desde la Casa Rosada con el intento de presionar a Blanco, después de que en enero fuera elegido por las treinta cámaras para redactar y llevar adelante los acuerdos del movimiento empresario.

Ricardo Echegaray le abrió una investigación sobre la forma como liquidó históricamente sus bienes personales. Fue exactamente después de que el agrupamiento empresario anunciara que se encaminaba a alertar sobre la complicada marcha de la economía y a pedir un plan antiinflacionario.

La acción obedeció al intento de la Casa Rosada de hostigar y condicionar las conversaciones que se llevaron adelante durante febrero y marzo para confeccionar el documento crítico.

Blanco hizo comentarios sobre la persecución de la AFIP entre sus íntimos, pero siempre trató de quitarle dramatismo para no complicar las complejas negociaciones empresarias.

El titular de IDEA les dijo a sus allegados que la acción de la AFIP no iba a maniatar políticamente al Foro de Convergencia, porque él tenía todos sus papeles en regla con el organismo recaudador.

La apertura de la inspección de la AFIP ocurrió después de que Blanco hiciera declaraciones públicas críticas en febrero y las ratificara a comienzos de marzo en la TV. El propio Blanco confirmó la acción de la AFIP a Clarín. Pero –como había prometido– intentó bajar los decibeles. Así, dijo: “En febrero, la AFIP inició una revisión histórica de mis pagos por Bienes Personales, pero yo no tengo temor, porque cumplí con todo.” Y agregó: “Espero que sea una acción de rutina, que no esté relacionada con mi gestión en el Foro de Convergencia.” La persecución fiscal forma parte de los métodos del Gobierno para atemorizar y castigar a quienes deciden opinar distinto al relato oficial de Cristina Kirchner.

En la AFIP existe un “equipo especial” encargado de tareas de hostigamiento a opositores, empresarios, jueces, periodistas y referentes que intenten desmarcarse de la Casa Rosada. Lo dirige Guillermo Michel, con línea directa con la Presidenta.

Este grupo fue el encargado de accionar contra el juez Ricardo Lorenzetti.

Michel es subdirector de la AFIP y el nexo entre Echegaray y el aduanero Jorge Lambiris.

Una mecánica similar utilizaron los funcionarios contra el titular de la Unión Industrial, Héctor Méndez, cuando objetó en enero el desconcierto económico de Axel Kicillof. En ese caso lo vetaron de las licitaciones públicas del Estado. Méndez, como ahora Blanco, rechazaron las presiones y siguieron con sus actuaciones. La réplica obedece al hartazgo por estas prácticas persecutorias de la Casa Rosada. También, muchos se animan porque están preocupados por la herencia que dejará el cristinismo.

Esto último explica la inusual confluencia de los hombres de negocios en un documento crítico, después de tantos años de silencio y sumisión al poder político. El texto del “paper” que había adelantado Clarín ya fue girado a los precandidatos presidenciales y está en el escritorio del jefe de Gabinete.

Primero, Cristina le ordenó a Jorge Capitanich salir a desacreditarlo. Pero frente a la repercusión negativa, después intentó licuarlo y le bajó el tono a la confrontación. Ahora, los hombres de negocios están inquietos por el bloqueo a Techint y la anemia oficial para actuar frente a Hugo Moyano. Hay nueve plantas bloqueadas.

Ayer, la Asociación Empresaria Argentina expresó su “total rechazo al bloqueo, porque afecta derechos al trabajo y a la circulación.” Pero los hombres de negocios están también atentos a una jugada política que intenta retener en manos del cristinismo una caja política trascendente: el control de YPF. Un fuerte lobby político local y económico internacional propuso a los candidatos presidenciales para el 2015 mantener a Miguel Galuccio al frente YPF, para darle continuidad a la política petrolera.

Internamente trabajan en esa dirección varios operadores influyentes como, José Luis Manzano, Dorotea Capurro, dirigentes peronistas y hasta algunos de los ex secretarios de Energía que fueron contratados últimamente por YPF. También empresarios kirchneristas como Cristóbal Lopez.

La continuidad de Galuccio es un proyecto original que se le atribuye al núcleo duro del cristinismo: Carlos Zannini, Andrés Larroque y Sergio Urribarri soñarían con mantener el control de YPF y contar con una fuente que los financie cuando sean desalojados de la Casa Rosada. Internacionalmente, varias empresas de servicios petroleros también empujan la operación “Galuccio eterno.” Daniel Scioli escuchó esas proposiciones en su viaje a Estados Unidos. Un influyente emisario local le transmitió idéntica fórmula a Sergio Massa, y Mauricio Macri escuchó igual sugerencia en el Council of Americas. Hubo un pedido similar a Ernesto Sanz, en su último viaje al exterior. En todos los casos, los candidatos se sorprendieron con la osada propuesta. Fueron cautos en sus respuestas, pero ninguno ve cómo justificar la permanencia de Galuccio, quien sigue sin cosechar los éxitos que anunció.

Bajo su conducción, la petrolera estatizada no pudo –hasta ahora– cambiar el deterioro productivo energético de la Argentina. YPF logró pequeños avances como consecuencia de controvertidas decisiones políticas: subsidios del Estado, mayor deuda y una escalada en el precio de las naftas que le echa más combustible a la inflación.

Fuente: Clarín, 25/04/14.

Ricardo Echegaray, el rey de los corruptos.

Ricardo Echegaray, el rey de los corruptos.

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